Non ho ancora avuto molto tempo per riflettere sulla mia nuova vita italiana. Troppe incombenze e troppi problemi. Riesco già invece a vedere con un certo distacco quella che è stata la mia esperienza di vita in Thailandia. In fondo un rapido bilancio mentale l’avevo fatto nel momento stesso in cui si è materializzata l’ipotesi di rientrare.
Rispetto ai tre anni cinesi non è stato un espatrio facile perché la Thailandia ci ha messo duramente alla prova dal punto di vista della salute, mia e dei miei bimbi. Alcuni problemi caratteristici del paese, altri che ci sarebbero potuti capitare ovunque. Ve l’ho già raccontato in dettaglio in un post qui che stare male all’estero, migliaia di chilometri da casa e dagli affetti, in una nazione di quello che è considerato il sud del mondo, è un’esperienza che ti segna profondamente.
Ti fa sentire come su un piccolo battello in balia degli eventi, ma ti costringe nello stesso tempo a stare sempre lucido e concentrato ad ascoltare le parole dei medici in una lingua che non è la tua. Ti fa realizzare che chi ti vuole più bene, a parte tuo marito, è irraggiungibile. Ti fa temere di prendere la decisione sbagliata per i tuoi figli caricandoti ancora di più di responsabilità.
Ti fa però anche crescere e ti costringe a cavartela da sola. Ti fa tirare fuori armi e forze che credevi di non avere. Quando ne esci sei provato fisicamente, ma fortificato nello spirito. Anche se difficilmente ritornerai ad avere la spensieratezza di prima. Dopo la Dengue contratta nei primi mesi da me e mio figlio, il mio rapporto con le zanzare è sempre stato caratterizzato da ansia ed isterismo. Non ho mai più vissuto il mio giardino in libertà e senza guardarmi intorno continuamente. Non è stata una privazione da poco la mancanza di totale serenità nello stare all’aria aperta.
Non mi sono innamorata della città in cui ho vissuto. Ho solo imparato a sopportarla. Ricavandomi delle piccole oasi, in primis la nostra casa, in cui dimenticare quello che c’era fuori. Una delle principali capitali del turismo sessuale, piena di bar affacciati direttamente sulla strada senza la parete fronte strada. In modo da vedere, passando, decine di sorridenti ragazze semi vestite, intente ad intrattenere avventori occidentali ed a richiamarne altri. Dietro, un mondo squallido. Che non ha bisogno di essere raccontato per intuirlo, ma che quando ti viene narrato ti lascia sconvolta. Ho sentito con le mie orecchie, dalla voce di chi si è dato la missione di difendere i più deboli, i bambini, racconti terribili. Che tu, occidentale cresciuto altrove, fai fatica ad immaginare, giustificare e spiegare. Quando poi vedi le conseguenze con i tuoi occhi sulla pelle di una bambina ti senti lo stomaco che si gonfia e pensi a quanto siano fortunati i tuoi figli ad essere nati altrove.
Poi c’è l’altra sporcizia, che diventa niente in confronto alla precedente, ma che c’è, onnipresente. Spazzatura ovunque che, causa il caldo costante, rende l’aria satura di cattivi odori. Non so quando i Thai capiranno che la loro terra è troppo bella per coprirla di spazzatura. E il loro mare troppo cristallino per non pensare di preservarlo.
E infine ci sono i thailandesi, un popolo che rimane per me un mistero. Perché il loro sorriso che ti accoglie quasi sempre e che ha fatto sì che la Thailandia venga chiamata la terra dei sorrisi, ti illude che siano un popolo aperto ed accogliente. In realtà si ferma quasi tutto lì. Dico subito che non parlo di rapporti uomini-donne dove i contatti sono fin troppo facili. Parlo di amicizia. In tre anni l’unica persona con cui c’è stata un minimo di confidenza spontanea, andata al di là delle frasi di rito, è stata la mia fisioterapista. Per quella che è la mia esperienza personale, i Thai sono molto riservati e stanno volentieri fra loro. Fanno un poco eccezione le ragazze sposate con stranieri che hanno un po’ modificato il loro modo d’essere. Ma il loro resta un modo di porsi molto diverso dal nostro e la distanza culturale difficile da colmare. Non parlo di livelli di studi e conoscenze diverse, ma proprio di tutte quelle consuetudini, modi di vivere e, soprattutto di pensare, che sono profondamente diversi dai nostri. Tremendamente difficili da colmare. Forse non tutti i Thai sono così, ma questa è stata la mia esperienza e quella di tanti altri che conosco.
Per fortuna il bisogno sociale è stato coperto da espatriati come noi, in prevalenza italiani, che ci hanno comunque reso piacevole il vivere là.
Pensando a tutto ciò che ho appena scritto, mi rendo conto che il bilancio appare fortemente negativo. E invece no. Se potessi tornare indietro io ripartirei ancora. Con convinzione ed entusiasmo. Perché penso che ogni esperienza vissuta faccia parte di noi ed abbia contribuito a formare chi siamo oggi.
Perché ho la fortuna di essere capace di adattarmi e, soprattutto, di vedere il bello in mezzo al brutto. Che sia poco o molto. E di focalizzarmi soprattutto su quello.
Perché la Thailandia, pur nella corsa al progresso, ha saputo mantenere tanto della sua storia e del suo passato. Che è un passato bellissimo e tremendamente affascinante per chi proviene da una cultura moderna come la nostra.
Perché ancora tanta parte della popolazione, purtroppo non tutta, sa continuare a vivere lentamente, accontentandosi di poco e prendendo ciò che viene con serenità. E ci dimostra che si può essere felici delle piccole cose.
Perché i miei figli hanno avuto la fortuna di frequentare una scuola meravigliosa che spero lascerà il segno nella loro vita. Di certo c’è che l’ha lasciato in me.
Questa che vi mostro nelle mie fotografie è stata parte della “mia Thailandia”, quella che ho amato davvero.
Federica, Italia
Non sono mai stata in Thailandia, neppure da turista. Anni fa, però, quando io avevo circa 15 anni, in casa nostra e’ rimasto per 9 mesi un ragazzo thailandese, all’epoca quasi dell’età di mio fratello maggiore, 17 anni. Questo grazie ad Intercultura.
Abbiamo così avuto modo di parlare della Thailandia, di conoscere bene un thailandese e molte ragazze sue connazionali che sono arrivate, in altre famiglie della zona, nello stesso periodo.
È stata una esperienza sconvolgente. laddove le ragazze erano spigliate, capaci, intelligenti, piene di voglia di stare all’estero e disposte a raccontar la loro terra, dalla prostituzione, ai tabù, ai limiti culturali, all’inquinamento, alla sporcizia ma anche ai riti, alle bellezze naturali, all’ordine sociale ed alla lingua, il nostro ragazzo era chiuso, riservato, arroccato sulle sue posizioni.
Abbiamo capito presto che non sarebbe stato possibile un vero scambio.
Ti basti pensare che ci ha raccontato che il suo migliore amico e’ morto di una banale infezione perché non aveva i soldi per curarsi e pure sua nonna.
Siccome lui era figlio di un ministro e ci aveva mostrato foto di ville di famiglia ecc., ci è venuto spontaneo chiedere perché la sua famiglia non aveva comprato gli antibiotici per l’amico e curato la nonna (madre di sua madre!!!). Ci ha risposto che i poveri sono poveri e poveri e ricchi non si devono mischiare, hanno destini differenti.
dopo questa esperienza, il maschilismo che si respirava in ogni suo gesto è che ci raccontavano le ragazze ecc., mi è passata la voglia di andarci, in Thailandia.
per fortuna le tue foto trasmettono anche il bello!!
Grazie per la tua testimonianza! Tocchi un altro dei problemi della cultura thailandese: il maschilismo molto radicato. Alle bambine di estrazione sociale bassa, viene trasmesso fin dalla nascita che sono inferiori ai loro fratelli. Se ci sono poche risorse in famiglia queste vengono destinate tutte al figlio maschio che avrà giochi, scarpe nuove ed accesso alla scuola. Le femmine si alzeranno per prime a sistemare casa, andranno a scuola solo se possibile e sanno già che avranno in carico i genitori quando non lavoreranno più. Da adulte per loro sarà normale, oltre occuparsi dei figli, stare fuori a lavorare mentre magari il marito sta al bar a bere o a casa a dormire. Sarà purtroppo anche normale vendere il proprio corpo per guadagnare perché per loro il loro corpo di donna non ha valore. Ciao avviene soprattutto nelle regioni più povere, ma questa mentalità investe in modo più o meno pesante tutti gli strati sociali. Ce n’è da scrivere un libro intero…in questo post ho affrontato soprattutto quelli che sono stati i lati che hanno influito sul nostro vissuto.
Davvero triste scoprire dalle tue parole che ciò che abbiamo compreso noi da Pao (così lo chiamavamo) e le ragazze thailandesi, corrisponde a realtà.
Triste anche che un paese così bello dal punto di vista naturalistico e con così tanta storia e cultura, viva questa arretratezza culturale.
Ho trovato molto interessante il tuo post e il tuo commento, aiuta a capire e scoprire realtà lontane.
Grazie… Anche commenti come il tuo aiutano ad approfondire un argomento così complesso!
Ora che sei qui in Italia e forse riesci ad inquadrare con più distacco la tua esperienza tailandese, sarebbe molto interessante se tu volessi parlarci proprio di questi aspetti culturali differenti che noi non conosciamo. Conoscere più a fondo culture diverse mi pare un elemento di grande arricchimento personale e qualcosa di necessario nell’attuale mondo globalizzato.
Grazie se vorrai farlo. Ti seguo sempre con molto interesse perché sei una persona sensibile e profonda.
Mila
Grazie Mila per questo commento!
Sicuramente parlerò ancora di Thailandia e di Cina, paesi in cui ho vissuto in totale 6 anni e di cui continuo ad interessarmi anche leggendo il punto di vista di chi c’è nato per non fermarmi alla mia osservazione personale.
Continua quindi a seguirmi!
Anche io sono molto curiosa di sapere di più di questo paese! Capisco benissimo che essere expat in Europa sia ben altra cosa che ritrovarsi a vivere in mezzo a culture ben più distanti dalla nostra, e questo sicuramente offre anche più spunti di crescita e riflessione. E anche più problemi. Eppure anche io ho pensato spesso che gli autoctoni stiano più volentieri tra loro e l’ho sentito dire anche ad altri, sia in Germania che Svezia. Ho la sensazione che in generale in pochi abbiano voglia di fare uno sforzo di comprensione (necessario sempre quando uno dei due non parla la propria lingua madre, ma anche a causa delle diverse culture) quando vivono nel proprio paese, visto che possono benissimo farne a meno. E quei pochi di solito sono persone che hanno o hanno avuto contatti con altri paesi. Così lontano dall’Europa deve essere sicuramente più evidente come fenomeno.
Non ho problemi a credere che anche nel Nord Europa o altrove le persone siano poco predisposte e disponibili verso chi è straniero. Senza far di tutta l’erba un fascio ci sono sicuramente popolazioni più o meno disponibili. A me che lo fossero i Thailandesi mi ha un po’ stupito perché la mia precedente esperienza era stata con i cinesi che invece facevano di tutto per poterti frequentare e vantarsi di conoscere un occidentale. In questo ho trovato i Thai esattamente all’opposto.
Concordo al 100%
Io vivo a Bangkok ed è una città piena di controsensi davvero impossibili da comprendere.
La vita è dura, siamo soli in mezzo al mondo.
Se vivi a Bangkok sai bene cosa intendo! E poi a Bangkok si respira un po’ di cultura in più, a Pattaya bisogna proprio andarsela a cercare…
Buon proseguimento!
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